La vecchia città di Sant’Agata era situata su una ristretta zona che si spianava sulla cima della rupe. Il piano compariva inclinato per lungo, cioè da montagna a marina.
Il De Lorenzo paragonava questo alto altipiano scosceso ad un colossale naviglio, che durante una tempesta, sollevava in alto la poppa, intendendo con l’espressione “poppa” il punto più alto dell’altipiano.
La cittadina sulla rocca veniva chiamata Sant’Agata di suso (suso, in siciliano sta per sopra).
La rupe e i borghi si San Teodoro, Sant’Andrea, Cataforio e San Salvatore. Da aerofotogrammetria, foglio n.254 della carta d’Italia (anno 1958). Rielaborazione grafica di Arch. V.Varà.
Vi si accedeva per due punti: dalla parte orientale, dove un viottolo che percorreva il fianco della rupe, immetteva ad una porta fortificata tagliata a piombo sul precipizio; questa si chiamava porta di terra. Da qui si giungeva alla piazza della Chiesa maggiore o Protopapale di S. Nicola, chiamata anche dal popolo, Cattolica. Alle spalle di queste si trovava il castello, appunto situato sulla poppa, e sotto di essa si estendeva la contrada abitata, corsa per lungo non si sa se da una o più vie le quali dovevano essere molto strette, chiamate “vinedhe”. Questo tratto finiva in basso con una parte fortificata e munita di un accesso con ponte levatoio, il quale immetteva su un altro piano, più basso, il sobborgo di S. Andrea. Sulla rupe si trovava, sul lato fiume, la porta di marina che si immetteva su una scalinata, inerpicata sulla roccia, la quale in caso di assalto nemico veniva mirata e colpita in diversi punti. Nel sobborgo di S. Teodoro, sopra la rupe, erano situati la chiesa di S. Maria del Soccorso, la chiesa di S. Agata e, accanto a quest’ultima, un conventino Carmelitano. In S. Agata si trovava anche la chiesa di S. Basilio Magno, dalla quale fu prelevata la statua del santo (di fattura cinquecentesca attribuita al Mazzolo) e portata nella chiesa di Gesù e Maria a Cataforio dopo il terremoto del 1783. In S.Agata di suso erano presenti gli edifici pubblici: il municipio , la casa del governatore, la caserma, i fortilizi e il carcere; perciò doveva rimanere poco spazio per le abitazioni private le quali trovavano invece luogo soprattutto nei sobborghi di S. Andrea, S. Giovanni, (oggi S. Salvatore), dell’Annunziata ( Cataforio), e nei villaggi di Mosorrofa, Cardeto, Armo e Bovetto.
Planimetria della rupe di Motta Sant’Agata con evidenziate le emergenze architettoniche tutt’ora individuate ed il sentiero. Rielaborazione grafica Arch. V.Varà.
Anche se le mura di cinta sono franate a valle dopo il terremoto si può supporre che il lato fiume era sicuramente munito di fortilizi dato che la sponda opposta è protetta da colline naturali.
IL TORRENTE SANT’AGATA
Anticamente aveva le fattezze di fiume e forse si prestava in alcuni tratti, alla navigazione. Ciò era possibile perché quattro secoli fa il suo letto era stretto e profondo, le sabbie assorbivano una minore quantità d’acqua e ai tempi non era in uso il disboscamento delle montagne. Il tratto navigabile corrispondeva dalla foce fino a 7km, cioè, fino a S. Agata.
Come cita lo storico Barrio nel 1587 esso era pescoso di anguille e trote.
Curiosità: La pesca, in uso dagli abitanti, veniva praticata asserragliando il corso del torrente con pali e fresche e poi spargendo nella parte superiore calce viva, così le trote, asfissiate, venivano condotte alla barriera e raccolte con facilità.