Chiesa di S. Antonio – Fu costruita nel tardo ‘500 ed apparteneva all’ordine monastico dei mendicanti. In facciata reca la data del 1611, che ricorda un intervento di restauro.
Nel corso della sua lunga storia, nei periodi più difficili, fu anche utilizzata come magazzino di arance.
La facciata è molto semplice, suddivisa in tre settori da quattro paraste che hanno la sola funzione decorativa (osservando le proporzioni ritornano quasi alla memoria le architetture rinascimentali di Leon Battista Alberti!)

Presenta un rosone databile ad età medioevale ed un portale moderno che raffigura in otto ottagoni in bronzo i miracoli del Santo.
Sul lato sinistro della chiesa vi è una torre campanaria datata al 1628, suddivisa in tre settori, i primi due originali, il terzo aggiunto in un secondo momento.
La chiesa è costruita in pietra di Siracusa, aveva un pavimento all’origine in mattonelle di creta esagonali ed un tetto in capriate lignee completato con tegole ad embrici.
L’interno della chiesa è a navata unica, divisa dall’abside con volta a “padiglione” attraverso un arco a tutto sesto, decorato con stucchi raffiguranti S. Agata col seno tagliato, S. Luigi, tre angioletti che reggono la sacra Pisside, S. Domenico e S. Lucia.
Nella volta troviamo raffigurati: S. Rita, con la corona di spine, S. Rosa da Lima in adorazione della croce e S. Chiara con la Sacra Pisside, al centro Dio, alle cui spalle vi è un triangolo, simbolo della Trinità. Gli angoli sono finemente stuccati con l’immagine dei quattro evangelisti, con ai piedi i loro simboli: il bue, l’aquila, il leone e l’uomo.
La pala d’altare è pregevole e raffigura S. Antonio con attorno la vita e i miracoli databile al XVI sec.
L’altare sul quale poggia è in tarsia marmorea policroma, databile al XVIII sec. di scuola siciliana; In basso reca una scritta: “D. ANTONIO BORRUTO Qm FELICE RETTORE A. D.MDCCLIX”(1759);
Alla destra della pala, un quadro raffigura il santo con la Madonna e il Bambin Gesù sul cui sfondo è rappresentata un’impiccagione e alla sinistra il Santo durante un’omelia. Interessante è l’acquasantiera del periodo tardo barocco in marmo bianco; (nei ricordi degli anziani vi è l’episodio degli anni ’60, nel quale i reggini cercarono di rubarla insieme ad altri ornamenti per allestire il Museo di S. Paolo)
Vi è poi la tela di S. Michele Arcangelo di P. De Maio del 1762, che ritrae il santo in sembianze giovanili, porta nella mano destra una spada fiammeggiante, mentre con la sinistra regge uno scudo su cui c’è scritto: “Quis ut Deus”. Accanto al drago la scritta: “Hic est quod fecit superbiam”.
Ai suoi piedi il drago, simbolo del male, insieme si trovano su uno sperone roccioso circondato da fiamme che, se da una parte riconduce alla terra, dall’altra simboleggia il culto celeste del santo; sembra quindi una zona intermedia tra cielo e terra. L’esile figura, panneggiata con gusto rococò, è ritratta in una posa classica e leziosa, ingentilita da dettagli preziosi, come la manica rigonfia che fuoriesce dalla corazza, il cimiero spumeggiante, i ricercati calzari, i filamenti di luce che sottolineano lo scintillio degli accessori metallici.
La tela reggina è tra le sole due opere rinvenute in Calabria dello stesso artista, risaltano in particolare il deciso chiaroscuro, il disegno dei tratti somatici e le tonalità cromatiche schiarite.
Compare anche il committente Dominicus Fortunio e la firma dell’artista Paulus De Maio 1762.
E’ una “perla dell’arte sacra” nel comprensorio reggino, in quanto è tra le tele più antiche e spesso è stato richiesto nelle mostre di arte sacra a Reggio.
Riferite alla chiesa vi sono alcune leggende. Si narra infatti che qui si fosse rifugiato un gruppo di briganti ricercati dalle autorità, e che questi, per poter fuggire, costruirono un tunnel sotterraneo che portava alla fiumara.
Altra leggenda vuole che dopo il terremoto, il campanile, essendosi soltanto piegato, crollò dopo il passaggio di Fra Gesualdo Melacrino.
Chiesa di S. Giovanni. L’odierna costruzione risale alla fine degli anni ’20, probabilmente edificata sullo stesso sito di una precedente Chiesa del S. Salvatore, che I era la chiesa più importante di Sant’Agata dopo la Protopapale di San Nicola.

La facciata è a capanna, presenta un rosone ed uno splendido portale scolpito in pietra, definito dallo storico D. Rotundo “un autentico miracolo nel Reggino”. Esso è il tipico portale in pietra scolpita che andò in voga in epoca Sveva ( sec XIII), composto da un arco in arenaria coronato da piccoli putti alati che ricordano quelli della Sicilia barocca,e di elementi stilistici e simbolici squisitamente medioevali. Si suppone esso che sia stato prelevato dalla chiesa Protopapale di San Nicola in seguito alla distruzione del terremoto.
Sul lato sinistro esterno della chiesa si trova la statuetta di S. Nicola in arenaria proveniente dalla chiesa dei Santi Quaranta di Motta Sant’Agata. (Nel piccolo Museo di S. Paolo sono conservate anche altre due statuette di uguale dimensione, fattura e materiale provenienti da Sant’Agata: le statuette di S. Agata e quella di S. Giovanni Battista)
All’interno della chiesa troviamo importanti testimonianze artistiche.
L’altare in marmo policromo di S. Michele del 1773, sotto la statua del S. Cuore, che proviene dalla chiesa di S. Antonio ed è di scuola siciliana.
Si può notare un’iscrizione in basso: “D. DOMINICUS FORTUNIO RECTOR CURAVIT. ANNO DNI
La pala d’altare è pregevole ma tuttavia non se ne conosce l’autore. Essa è databile al XVIII sec. E raffigura la Trasfigurazione del Signore. Sono raffigurati, in alto, la Colomba, che simboleggia lo Spirito Santo, Dio assiso in trono e circondato da puttini, in basso gli apostoli S. Giacomo, S. Giovanni e S. Pietro che guardano sorpresi il Cristo illuminato che si alza sopra di loro; ai lati del Signore, a destra il profeta Elia, e a sinistra Mosè.